Mesotelioma.
Fino a qualche decina di giorni fa nemmeno sapevo esistesse una parola simile. A pronunciarmela avrei pensato al nome di una deità di qualche religione misconosciuta.
Oggi ho scoperto che nulla ha di divino ma al suo potere di morte non si sfugge comunque.
Una morte incarnata mi sta sfiorando con le sue dita, quasi volermi accarezzare come una madre con il figlio. Non sono gesti di affetto. Al suo tocco, tutto appassisce sbriciolandosi in nuvole di polvere e marciume. Rimangono solo resti, ammassi cellulari [de]composti di sostanza comatosa che s’appiccica alle dita, al volto, all’anima come plastica fusa.
Risucchiato :: Ammorbato. Un lento processo degenerativo iniziato tempo fa che ha subito rapida evoluzione. E disgusto aumentato a livelli ingestibili.
Non essere più in grado di ascoltare, non essere più in grado di attendere. Attualmente non essere più in grado di vivere se non sopravvivere. Esistono solo frammenti di finestre pregne di dolore fisico auto-imposto alla ricerca di catarsi e punizione. Ne conseguono risultati di vana effimera effervescenza egocentrica. Amputate le mani, troncate le gambe :: impossibilità di movimento. Non raggiungere è un mancato avvicinamento ed un rifiuto totale. Solo un fottuto pazzo asociale, del quale ormai ho prova concreta, strisciante nel fango della pestilenza emorragica tra flutti di siero e liquido indefinito.
Il Nero è sopravvenuto. Ed al Nero la soccombenza di ogni fibra e sinapsi elettrica. Una madre che non m’accarezzerà più. Tremare, ingabbiato in un deserto di singole cellule in atipica riproduzione, rabbioso di paura della solitudine che spesso ha assolto i miei peccati e dalla quale staccarsi è utopica impresa.
Ora tutto è nemico in lontananza: una rossa visione in spettro berserker minimamente rischiarita da lampi di sanità mentale.
Malgrado ciò, fottetevi con cazzi di piombo.